martedì 15 maggio 2018

"Nel fuoco si fanno gli uomini" di Ivan Brentari

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Nel fuoco si fanno gli uomini" di Ivan Brentari, edito Piemme (rilegato a 17,50€):
Quando Alessandro Valtorta era Serpente, braccio armato di Gerlando Piscopo, il boss di spaccio e racket nel quartiere Corvetto di Milano, solo i più coraggiosi osavano salutarlo. Tutti in Corvetto sapevano che aveva la testa ma era capace di fare cose terribili. E tutti lo rispettavano, perché avrebbe potuto portar via il posto al capo, se solo avesse voluto. Tranne suo padre. Operaio da sempre, fedele al sindacato e al partito, si era spezzato la schiena per far studiare il figlio che lo ripagava sguazzando in quel covo di tossici. Poi era morto Giorgio, fratello di Alessandro, trovato con la siringa ancora infilata nel braccio. Per suo padre era Serpente il colpevole, e forse lui stesso lo credeva. C'era voluto l'ispettore De Pin, uno sbirro diverso dagli altri, coltissimo e lontano dai giochetti di carriera, per fargli cambiare vita. Lo aveva fatto entrare in polizia, prima alle Volanti, poi all'Antidroga. 
Oggi Serpente è diventato il commissario Valtorta. Ha passato dieci anni a chiudere un caso dopo l'altro e a cercare di spegnere le voci dei fantasmi del suo passato. Tutto pare diverso, ora. Ma quando viene rinvenuto il cadavere di Oksana Golubeva, una prostituta, in un appartamento pieno di cocaina e soldi, Valtorta si trova davanti le ombre che pensava di essersi lasciato alle spalle. L'indagine lo coinvolge sempre più a fondo, anche quando il questore vorrebbe che si dedicasse alla sparizione di un sindacalista che sta scaldando la città e rischia di rovinare il Salone del Mobile.
Valtorta deve combattere contro ciò che è stato e ciò che è diventato. Per cercare la verità attraversa come una furia una Milano scossa da manifestazioni e insinuazioni giornalistiche. Dai bassifondi ai quartieri scintillanti. È pronto a perdere tutto, anche la parte migliore di sé.

Non sono una lettrice "forte" di thriller, ma quando incappo in uno buono ne vengo immediatamente catturata.
Quando poi tra i protagonisti c'è anche la "mia" Milano, come resistere?

E quella di Ivan Brentari, e del suo commissario Valtorta, è una Milano più che contemporanea.
Una Milano che brilla, animata da moda, tendenze e design, del quale il Salone del Mobile è forse l'espressione più patinata, e che ben si presta a fare da contraltare alla Milano periferica, violenta e ostaggio della malavita nella quale l'ora commissario si è fatto le ossa.
A salvare Valtorta da un destino apparentemente già scritto è stata proprio la polizia, "il nemico", e la consapevolezza di essere sì arrivato troppo tardi per salvare il fratello dala droga e dal brutto giro in cui era finito, ma non per dedicare la vita ad assicurare un posto al fresco a ogni criminale abbastanza sfortunato da incrociare il suo cammino.
Se non fosse che, ancora oggi, Valtorta fatica a soffocare sensi di colpa, rimpianti e rimorsi per la persona che è stato, quando il suo nome era "Serpente" e incuteva paura, oltre che rispetto, nelle stesse persone che ora fa di tutto per arrestare.
Sarà proprio il sopraggiungere di due casi (ma saranno davvero due casi distinti?) molto diversi a risvegliare in lui non solo i ricordi di un passato che ha cercato di lasciarsi alle spalle, ma anche un lato di sè che credeva di aver seppellito per sempre.

E no, non vi dico altro sull'indagine di Valtorta, perchè se no che gusto c'è?
Voglio dirvi, però, qualcosa su questo protagonista diviso tra passato e presente, conscio di dover e voler lottare anche quando non sa bene "per cosa", ma del resto glielo diceva anche suo padre, che «nel fuoco della lotta incerta si fanno gli uomini».
Questo monito (una cui parte costituisce il titolo del romanzo) accompagna Valtorta pagina dopo pagina, difficltà dopo difficoltà, ed è sicuramente un messaggio che il lettore porta con sè anche a lettura ultimata.
Non è facile, all'inizio, cogliere ogni sfumatura di quest'uomo dal passato criminale e ora commissario puntiglioso e determinato, ma Ivan Brentari riesce a stimolare la curiosità dei lettori capitolo dopo capitolo, e a farli affezionare - nonostante il contesto ben poco romantico della vicenza - a «Alessandro, ovvero Serpente, ovvero Valtorta, [...] quello che aveva finito bene ragioneria senza mai aprire un libro. Quello che capiva sempre le cose prima degli altri, in maniera naturale. Quello che si faceva di eroina ma controllava la cosa. Quello per cui le ragazzine delle case popolari si mettevano in fila dopo aver preso il numerino. Quello che aveva stregato Gerlando Piscopo, il boss di Corvetto, uno che lavorava per conto della gente di Napoli. Stupefacenti & racket delle case popolari.»
La sua velocità di pensiero, la sua capacità di analisi, il suo essere contemporaneamente guardia e ladro in quella che sembra, a tratti, una partita all'ultimo sangue dall'esito tut'altro che certo, lo rendono un protagonista perfetto non solo per questo romanzo, ma per una serie di indagini che seguirei con il fiato sospeso, dalla prima all'ultima.
Non so se sia nelle intenzioni dell'autore realizzare un progetto simile, ma da lettrice non posso far altro che augurarmelo perchè aspetto già un ritorno di Valtorta sulle scene (del crimine, ça va sans dire).

Mi ha colpita da subito la scrittura quasi cinematografica di Ivan Brentari, e scoprire che dal suo lavoro precedente ha tratto anche una pièce teatrale non mi ha stupita: non sono molti gli autori capaci di costruire una scena trascinando il lettore al suo interno, ma lui ci riesce.

A dare forza e spessore a "Nel fuoco si fanno gli uomini" è, sicuramente, anche il forte legame con l'attualità: dal dilagare della criminalità nelle periferie, ignorate dai riflettori perchè non abbastanza sfavillati, all'emergere di una Milano che è sì una metropoli glam ma anche una città piena di lati oscuri, che troppo spesso si sceglie di non raccontare.
C'è un mondo del lavoro spesso più corrotto della malavita stessa, c'è una giustizia che non arriva e c'è la tentazione di farsi giustizia da sè, c'è una città con ancora molte storie da raccontare... e vite da salvare.
Ivan, se sei in ascolto, cogli il non tanto subliminale messaggio ;)

Consigliatissimo ai milanesi (e non solo), ma soprattutto agli amanti di storie ricche di ombre e personaggi capaci di svelarsi lentamente, senza mai mostrare del tutto la loro vera natura e stupendo il lettore in più di un'occasione.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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